“La pratica del selvatico”, una raccolta di saggi di Gary Snyder
Gary Snyder si può considerare forse il più rappresentativo dei “bioregionalisti”, certamente un ispiratore di questa che non è solo una filosofia, ma anche una pratica di vita.
Chi si ispira al pensiero bioregionale si sente di “riabitare” un luogo. Sente di vivere in un posto considerandosi parte della sua rete della vita, umana e non. In un’ottica senz’altro non antropocentrica, secondo una visione anche spirituale, ma dove la spiritualità è un qualcosa che viene dalla pratica, frutto della consapevolezza di essere parte della vita materiale. Un modo di pensare – e di vivere – più vicino alle culture dei popoli nativi.
Gary Snyder oltre a riabitare le montagne della Sierra, in California, è anche un poeta di fama internazionale. Nella sua poesia e nel pensiero bioregionale qualcuno può ritrovare qualcosa che ha dentro, qualcosa che fa sentire a casa.
Ecco, per me scoprire l’idea bioregionale è stato un po’ come “tornare a casa”, come dicono anche i bioregionalisti. Dunque se anche voi sentite queste cose, bentornati a casa.
E non importate se abitate delle bucoliche lande spopolate, in un paesino o in una grande città.
Oggi si tende a contrapporre l’idea di “natura” a quella del mondo “civilizzato”. La città vs. la campagna. Pensiamo di vivere separati dalla “natura”, ma quello che abbiamo perso è soprattutto la percezione di esserne parte. Non siamo ancora capaci di creare la materia, non siamo ancora slegati dalle nostre radici ecologiche, per quanto bistrattate, anzi, sempre più spesso l’inquinamento o le catastrofi naturali ce lo ricordano.
Il pensiero bioregionale invita a percepire il mondo a partire dal luogo in cui viviamo, e a prendercene cura, qualunque esso sia. In primo luogo a conoscerlo, a conoscere le sue storie e i suoi cicli, umani e non, non a cercare la “natura” lontano.
la natura non è un luogo da visitare, ma casa nostra
Gary Snyder trova le parole giuste per esprimere lo scarto che con il razionalismo abbiamo messo tra noi e la natura:
Ad un universo riproduttivo (filosofi come Descartes, Hobbes, Newton, ndr) sostituirono un modello di sterile meccanicità e un’economia di produzione.
Ma la vita è ancora “riproduttiva”. Siamo noi che ce ne siamo dimenticati, sono quelli che ci governano, sono i manager delle multinazionali che vogliono convincerci del contrario. Snyder e il bioregionalismo ci dicono che siamo sempre comunque immersi nel contesto della vita “selvatica”. La separazione attuale dalla natura che sentiamo è frutto del modello di sviluppo, ma noi non siamo separati. Questa consapevolezza, di essere “selvatici”, implica anche grande attenzione e rispetto, bel lungi da una visione idilliaca e bucolica della “natura”.
Il mondo è affilato come la lama di un coltello.
Ci dice Gary Snyder, che si interroga non solo su temi ambientali, ma anche culturali, come il linguaggio, il rapporto corpo/mente, la cultura orale, la scienza, rifacendosi a visioni affini alla teoria dei sistemi complessi, all’ecologia.
E lo fa con espressioni così dirette, come
il tuo culo è il pranzo di qualcun altro – un modo colorito per dire interconnessione, ecologia.
o ancora
La civilizzazione stessa è ego andato in seme e istituzionalizzato sotto forma di stato.
L’ultimo libro uscito in Italia di Gary Snyder è una raccolta di testi curata da Giuseppe Moretti: Nel mondo poroso. Saggi e interviste su luogo, da Mimesis Edizioni (2013), qui una recensione.
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