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La vecchia quercia di Stagno

Ho una minima conoscenza e una grande passione per il legno, per quello che ho potuto imparare in questi anni da Simone e il suo lavoro. Ma il legno viene dagli alberi, ed è difficile amarlo come “materia prima” senza amare anche gli alberi.
Ero piccola, ma mi ricordo bene che mio padre mi insegnava i loro nomi. Mi pare di ricordare che fossi io a domandare come si chiamava un albero o un arbusto.

Questo blog si chiama “Radure” anche per la passione per gli alberi, i boschi, e gli spazi di silenzio che offrono, nella forza elastica, dalle radici salde alle foglie fruscianti. E per i luoghi protetti, spesso difficili, sui monti, dove all’improvviso si apre la trama verde e filtra la luce.

Penso a quando la vecchia Europa – e il mondo – non erano altro che una grande foresta, antica e selvatica, alberi imponenti, un organismo vivo e ben presente nei pensieri degli uomini. La immagino con una fantasia così intensa che quasi mi ci vedo camminare, sento cosa si poteva provare a vivere circondate da alberi così vecchi.
Ora abbiamo boschi giovani e malmessi, pendii inariditi, alberi da salvare, filari ordinati, ma anche campi che si stanno rimboschendo, boschi un tempo curati che tornano selvatici. Noi crediamo di portare il “progresso”… ma il progresso ora significa anche abbandono del bosco, e ritorno del selvatico.

Oggi parliamo dei grandi alberi. I grandi alberi sono rari, ma ci sono ancora. Ho iniziato, di recente, a fotografarli. Anzi, mi sono accorta di avere raccolto le foto di alberi degni di nota. Tutto è cominciato da due querce e un faggio.

I pensieri, le connessioni nel cervello e/o nel cuore vanno troppo veloci di questi tempi.
Tuttavia ci sono poche cose che mi placano l’ansia e i pensieri, come lavorare la terra, camminare in montagna, correre, il rumore del fiume o del mare, la neve, il fuoco, il vento forte che stordisce, nuotare… Ma tra le cose tangibili ci sono due cose che mi rilassano solo a toccarle: i bambini molto piccoli e gli alberi molto grandi. Le querce in particolare.

Questa è la vecchia quercia di Stagno, vicino al bacino di Suviana

DSCN9826

 

La regione Emilia-Romagna ha pubblicato anche un libro con foto di alcuni alberi monumentali (scaricabile in pdf) e, ho scoperto, anche un catalogo online dov’è possibile trovarne alcuni, con foto, luogo e descrizione.
Quelli che pubblicherò qui probabilmente non saranno per forza “monumentali”, ma saranno quelli visti attraverso i miei miei occhi.

Stagno è un borgo ormai composto solo di seconde case, che domina dall’alto il bacino di Suviana, di cui offre un amplissimo panorama, su tutta l’alta valle del Limentra, affluente del Reno.
Le sue case in sasso, arroccate, l’acqua che sgorga purissima e gelida, i castagni e le querce e, ovviamente, la grande quercia, che ancora troneggia dopo centinaia di anni nel cuore del borghetto, mi fanno pensare ai tempi in cui a proteggere e ispirare gli abitanti non erano chiese di pietra fredda costruite dagli uomini, divisi in gerarchie rigide, ma alberi imponenti, generosi di frutti, per uomini e animali, senza distinzioni alcune. Esseri silenziosi e pazienti, capaci di offrire riparo e una forza calma, silenziosa, inesorabile.
Quante ne avrà viste la quercia di Stagno! Forse qualcuna può ancora raccontarla a chi ha voglia di sentire.DSCN9843

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