Radure finalmente comincia a diventare plurale. Nell’attesa di attivare nuove belle collaborazioni in pianta più stabile, che si vanno delineando, avevo appena deciso di ospitare contributi di altre persone che percorrono sentieri affini.
Il freddo persistente, le notti lunghe, la legna che brucia a più non posso… Gennaio è un mese ottimo per seminare pensieri e desideri.
E la neve e la montagna hanno subito fatto apparire sul sentiero la storia di Paola e della sua famiglia.
Paola, Sebastian, Margot e i loro numerosi animali, vivono su un terreno di circa un ettaro, in una casetta di legno autosufficiente. “Off-the-grid”, come si dice in inglese, cioè staccati dalle reti dei servizi.
Serramonacesca è un paese come tanti dell’Appennino centrale, con un’antica meravigliosa abbazia, i ruderi di un antico castello e i pochi abitanti che sono rimasti a vivere in montagna. Hanno fatto una scelta apparente radicale, scegliendo quel posto, dove hanno svolto esperienze di lavoro molto diverse – più o meno convenzionali – fino a diventare tartufai.
Nei durissimi avvenimenti di questi giorni, legati all’ermergenza neve in Abruzzo, questa storia mostra come “radicali” non voglia per forza dire estremi, forti, visionari, ma a volte semplicemente “con forti radici”.
La neve abbondante, eccezionale, ma non certo inattesa in montagna, ha messo in discussione in un attimo il modo di vivere attuale, il modo in cui gli abitanti di oggi si relazionano con il territorio e tra loro, in un’illusione di comodità e autonomia. Quel modo di vita che non si può criticare o rifiutare, per non apparire troppo “radicali”. ^_^
Sotto la storia di Paola e a questo link un altro bel racconto dall’Abruzzo affine a questo punto di vista, sempre ispirato dai fatti di questi giorni.
Resiliendo
Gennaio 2017. In Abruzzo un anno che si ricorderà per la tantissima neve che in pochi giorni ha sommerso tutta la regione. Burian.
La tormenta che dalle steppe Siberiane, quando riesce ad arrivare…. si fa sentire.
E per le concomitanti scosse di terremoto. Tre, in un.ora.
Sciame sismico che si protrae da mesi, senza sosta.
Sarà associato alla paura, al freddo, alla fame. Al restare in trappola nella propria casa, murati dalla neve, mentre la terra fa tremare tutto. Con le linee preistoriche dell’elettricità abbattute dal peso e dalle scosse. Senza acqua. Senza fuoco! tutti affidati alla tecnologia e al petrolio.
La gente é morta di freddo. Travolta da valanghe dentro l’albergo, o nella stalla, avvelenata di monossido delle stufette abbracciati al proprio cane. Un padre e un figlio, camminando nella tormenta, per portare indietro aiuto.
La gente é morta perche dipende da un sistema che é collassato molto tempo fa.
É sopravvissuto chi si era preparato, chi ha potuto ricevere aiuto dai vicini, dalla comunità.
I piu deboli, l’Abruzzo piu fragile, é morto. Da solo.
Posto questo racconto, che sbatte con tutto quello che é successo in meno di una settimana.
Posto il racconto di quello che abbiamo imparato, a costo di tanta fatica. Fatica fisica… ma molto piu mentale. La morale é prepararsi, con positività.
Viviamo sulla Maiella, l’abbiamo scelta. O lei ha scelto noi, fatto sta che é grazie a lei che abbiamo una famiglia e riusciamo a curarla.
E con gli anni abbiamo imparato a conoscere questa realtà. Il mito di Maya, che ci protegge, ma che è pur sempre Montagna.
Selvaticità. Natura forte.
Vivi sulla Maiella ed entri a far parte di un sistema naturale… con le sue mille regole. Se vuoi vivere in montagna… le regole naturali puoi ignorarle, puoi abituarti alle “comodità”, ma prima o poi le leggi di montagna si manifesteranno. Naturalmente.
Come essere umano giochi fuori casa. Non sei in città. Qui sei ospite. E c’è poco da abusare… il territorio prima o poi si scrolla di dosso quello che pesa troppo. É la legge numero uno della montagna.
In questa occasione, in cui la tormenta ha ferito profondamente sia la Maiella che il Gran Sasso, siamo grati a Maya, per cio che di sé ci da. Per questo rifugio che ci protegge al caldo. E sprattutto sono grata all’esempio rubato in questi anni a qualche raro anziano “di montagna”, non ancora rinchiuso in ospizio o in esilio in città, dai quali abbiamo assorbito un modo di vivere tutt’altro che arcaico. Loro una volta vivevano in autosufficienza.
Vivere in autosufficienza oggi non é come cinquanta anni fa. Molto piu facile, ma richiede tempo. Vita.
L’autonomia non si accende con un click, non si compra al supermercato, ma ti dà il lusso di decidere di usare il tuo tempo per lavorare alla tua vita, alla famiglia, al tuo benessere.
Non siamo nati per lavorare e pagare mille cose di cui ci circondiamo. Per consumare. Per domotizzarci tutto.
Un anziano di qua a ottanta anni andava ancora col suo carretto trainato a mano, a fare la legna per il suo inverno, un poco alla volta. Ogni giorno. D’estate.
La sua spesa consisteva in una caciotta dal fattore di non so dove. E la farina lo zucchero e il caffè. Basta.
Eppure, chiusi nella sua cantina potevi vivere di provviste autoprodotte. Per tre mesi.
É a questa gente che guardo.
Mi sa che intendevano loro quando dissero Abruzzesi. Quelli forti e gentili.
Che in una settimana come questa, oltre a cavarsela da soli, avrebbero ospitato chiunque altro in difficoltà.
Se il passato è l’asse centrale della nostra vita, osservarlo nel tempo ti da nuovi punti di vista.
Diventare come queste persone oggi significa essere resilienti.
Parola moderna per dire che c’è da cambiare, e prepararsi perche continuare con questo modello di sviluppo. Non va.
C’è da mettersi in testa che si deve decrescere, non regredire. Decrescere che èaltra cosa. E farlo in modo felice possibilmente. Come ci suggeriscono ormai tutti.
E quindi, se nevica a metrate?
La neve, in montagna, é preziosa. Sarà l’acqua, per noi e per le valli. Nel ciclo naturale delle stagioni.
E se la Terra chiede di adattarci ai cicli e ai suoi cambiamenti, ci sarà da farlo. Tanto meglio se con animo positivo.
Sarà anche questo un inverno. Come sempre. Con i suoi modi di manifestarsi.
Così…
“Sii preparato! Non spaventato.”
Paola Pomilio