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Quando ci rivedremo, sarà più facile riconoscerci

Abbandono

Oggi ho un granello luminoso di bellezza.
Beccatevelo.
Con amore.

Nota: avevo deciso di non scrivere più su Radure.net come una volta, su altri blog, a flusso di coscienza.
Avevo deciso di usare una forma più razionale e meno intima,
in base al presunto “target” di questo blog, per mantenere un “tono di voce” costante, una coerenza interna, e bla bla bla.
Fanculo!


Questa sono io, e non voglio censurarmi, darmi dei limiti, almeno qui.
Dichiaro questo spazio libero, selvatico, con potere di rigenerazione.

Adelante.


Quando ci rivedremo, sarà più facile riconoscerci


Quello per l’abbandono è un vecchio amore mai sopito.
In questi tempi distopici è facile che riemerga, così forte.

Incubi o sogni? Non mi interessa.
Non mi è mai interessato.
Bastava navigare l’ignoto.

Mi interessa invece che sogniamo così forte da trasformare l’incubo di questa realtà costretta,
nella nostra utopia di libertà.
Felice non so, ma almeno vera.



Mentre le rappresentazioni capitaliste e false del mondo franano fragorosamente davanti a particelle di paure che non si vedono,
non smetto imperterrita di sognare il mio altrove.


Punto tutto, mi godo il rischio.

Giorno 24

Mentre il silenzio si fa strada fuori, grave e dolce, familiare,
una voce-pensiero si fa spazio, dentro,
nuda,
rinnovato potere di urlare rivoluzioni.


Ritorna musica dura di tempi passati, in cui tutto poteva succedere.
Ma anche ora del resto!
Gli ideali, le emozioni, non invecchiano.

Soprattutto tornano parole, segni (anche fasulli, perché si sa, l’Universo ama giocare),
indizi nella tela della Donna Ragno,
forma della Dea che mi guida e che forse dovrei-vorrei imparare a pregare.

E se anche le parole vere ritornano, flusso a cui abbandonarsi,
capaci di cantare la rabbia giusta,
allora qualcosa si è rotto nell’armatura costruita attorno al cuore.
Da lì esce il potere.
E noi non abbiamo paura di perdere l’anima, né niente.

Meglio che torni a scrivere in segreto, va là, a far l’amore di carta e penne,
che l’internet mi fa arrossire, però a suo modo è parte della Grande Rete, e dovevo ringraziarla.


Solo condivido un pensiero, lucido e delizioso, che ne ho – e forse ne abbiamo – bisogno, in questi tempi finalmente esplicitamente oscuri:

quando ci rivedremo, sarà ancora più facile riconoscerci, simili.

Gli occhi parleranno ancora più forte, e rideranno:
saremo i pochi senza maschere!

Quei pazzi, irriverenti, cinici, ribelli (o saggi?).
Quelli che non temeranno gli abbracci, gli altri, la vita che scorre, così come viene.

Perché ci avevamo già fatto amicizia da tempo, con la morte.

A presto, liberi.


🖤❤ Voi sapete chi siete.


P.S. I corvi ultimamente, qui sulla collina vengono più vicini, si sentono gracchiare di più.
L’altro giorno, mentre prendevo sole, vitamina D e respiro, e leggevo la qualunque per decifrare la Realtà, un corvo si è appollaiato su un palo a pochi metri da me, ha gracchiato un po’, e se ne è andato.
Non mi è suonato per nulla sinistro, ma un fratello che mi capiva, più dei tanti che ora delirano in preda al fascismo sanitario.
O amo l’apocalisse (che può essere…), o questa prova di apocalisse congelata nasconde delle opportunità.
Almeno per i corvi che provano a parlarcene.

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