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Scriviamo selvatico

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Sponsored by: biancospino.

Il Biancospino cresce lentamente sul suo legno duro, costeggia i campi, precede il bosco, straripa di fiori bianchi a primavera, di bacche rosse in autunno.
Protegge l’Amore, ma si difende con le spine.
Ospita e nutre molteplici uccelli e insetti.
Il suo uso terapeutico per gli umani è di calmare il cuore ma rafforzandolo (come gli erboristi Strulgador ci hanno insegnato).

E forse – ora mi sembra tutto più chiaro – per imparare a farlo deve prima curare il suo.

Biancospino sui calanchi a inizio ottobre.

Radure.net è uno spazio ancora piccolo, ma è pur sempre una scintilla di luce che filtra attraverso una foresta lussureggiante, anche se ora intricata.
A tratti quasi spaventosa.

Andare a fondo della “selva oscura” è parte del ritrovare la strada.

Piccole illuminazioni:
se “Radure” è ritrovarsi, per ritrovarsi bisogna anche essersi persi.
Scrivere senza dubbio è anche ritrovarsi.

Vi lascio allora un pensiero-seme, caduto su terreno non arato, in tempi di siccità, come può essere oggi pensare di abbandonare social come Facebook e Instagram.
Ma la natura ha una visione a lungo termine, e non vede gli ostacoli apparentemente insormontabili che vediamo noi oggi.
E noi siamo natura.

Questa che vi racconto, del resto, è forse proprio la storia di tutti i biancospini che mi circondano sui calanchi.
Resistenti arbusti nati da piccole bacche rosse cadute su questa terra dura e grigia.
E ora sono grandi siepi inselvatichite, e interi campi che stanno tornando bosco.

Rose canine, rovi, biancospini e prugnoli qui da anni colonizzano i terreni incolti, diventano allo stesso tempo rete intricata dove scorrazzano cinghiali e caprioli, ma proteggono gli alberi.
E, dopo anni e anni che li osserviamo, vediamo svettare i primi frassini, all’improvviso alti, promessa del bosco che verrà.

Ma veniamo al pensiero-seme, e che possa germogliare anche in voi.

Scrivere è una radura.

Scrivere è collegato al centro – o, se volete, chackra – del cuore. 
Tutte le cose che si fanno con le mani sono collegate al centro del cuore.
Anche se oggi si scrive di più con i tasti che con la penna.

Scrivere è tracciare un cerchio con le parole, per ritrovarsi, disegnare la propria casa – o foresta – proteggere lo spazio intorno a noi, anche mentre ci muoviamo.

E’ ritrovare senso, identità, direzione.

E magari compagni di strada.

Scrivo qui con un’urgenza personale, che mi sento di condividere:
scrivete selvatico.

Scriviamo selvatico.

Ci stiamo facendo coltivare dai social network, anche e soprattutto chi è portato alla scrittura, alla parola e alle immagini.
I social sono campi di coltivati a monocoltura, in una pianura immensa dove c’è qualcuno – molto pochi – che possiede le sementi, il carburante, i concimi e i pesticidi e noi, insistendo a fiorire imperterrite lì in mezzo, con le nostre parole e immagini uniche, contribuiamo con le nostre energie e tempo a far crescere quei campi, quelle monocolture, di un potere centralizzato che ci limita.

Non possediamo più neanche le nostre parole o le nostre immagini.

Fioriamo e regaliamo i nostri frutti ai mercanti e i nostri amici, per leggerci, devono trovarci sugli scaffali dei supermercati.

So che è una lotta di Davide contro Golia, ma non posso rinunciare neanche a questa piccola battaglia se questa sono io, se in tasca ho questi semi.

Ottimo usare i supermercati (i social), dunque, per il lavoro, certamente, ma cerchiamo di passare più tempo là fuori, nel mondo selvatico, anche quello virtuale.
Osserviamo che il selvatico esiste anche dove non ce lo aspetteremmo.

Richiede un po’ di fatica in più, di autonomia, ma questo è parte del gioco, non sediamoci sugli allori di Zuckerberg.
I social ci prendono per pigrizia e vanità, ci fanno dimenticare le nostre capacità, relazioni e indipendenza.

wildwriting

Gran parte della ricchezza di biodiversità si trova nei luoghi cosiddetti marginali.

Il potere della foresta è custodito dalle siepi, dai cespugli, dai piccoli frammenti di terre incolte scappati alla megamacchina, presidio di intensa vita selvatica.

E proprio qui, dai margini, secondo me, dobbiamo riprendere a scrivere e raccontare di più, per farci leggere da qualcuno con un cuore, fossimo anche solo noi stesse.

Con poca fatica possiamo comunicare di più fuori dai social network, che per altro ormai stanno anche passando di moda. Sono passati sempre di più dalla condivisione alla commercializzazione e questo, a lungo andare, sembra che non paghi.

Con poca fatica e molto più piacere, solo prendendoci quel tempo e quello spazio mentale – una radura! – possiamo scrivere di più sui nostri blog, via email e newsletter, sms e – sì, sono un’inguaribile romantica – anche lettere e cartoline.
Con la penna.

Riportiamo le nostre energie verso di noi, rifacciamo della scrittura, del narrare e narrarsi, uno spazio nostro, magari diretto a persone precise, a cui vogliamo comunicare cose concrete, magari per fare qualcosa insieme, non solo sparando nel mucchio sperando che qualcuno ci guardi, coltivati come siamo nello spirito voyeristico che i social generano, per forza di cose.
Non cadiamo nella trappola (capitalistica) di dare troppo valore ai numeri.
Ridiamo valore alle relazioni dirette, ai gesti concreti, all’intimità.
Del resto sono tempi per co-spirare, cioè respirare insieme, e forse in luoghi più intimi viene meglio.

Mi sembra di essere in ritardo, di assomigliare sempre più al Bianconiglio, o forse è solo questa battaglia che è troppo grossa. Ma non mi importa.
E’ sempre stato qualche pazzo solitario a cominciare qualcosa di nuovo.

O forse sono al posto giusto, al momento giusto, per fiorire lungo un sentiero qualsiasi, defilato dalle autostrade “social” digitali, senza sapere che cosa accadrà.

Qui, se vuoi saperne di più, il mio percorso alla ricerca di una comunicazione online indipendente.

Non è stato leggero dopo un lungo periodo alle Canarie e progetti di nuove migrazioni tornare a fermarsi sui calanchi, terre di argilla dura eppure ballerine.

Ma la fortuna di amare il selvatico è anche quella di imparare ad accettare il caos, ritrovare piccole radure di senso in momenti difficili.

E a quelle attaccarsi per ritrovare il sentiero. O tracciarlo.

E forse quanto più ti perdi, tanto più vai in profondità nel ritrovare una strada che è solo tua.

Così qui, nell’autunno tiepido, “October is the new September”, in quanto a buoni propositi e nuovi inizi, e il mio è questo

scriviamo selvatico

in spazi solo nostri,

i nostri margini ricchi di biodiversità.

Magari insieme.

Ma questa è un’altra storia e avrete presto mie notizie.

Scrivete selvatico!

P.S. Nulla ci vieta – e penso soprattutto a chi comunica per lavoro – di condividere sui social network, ma conserviamo tutta la nostra dedizione in primo luogo in contenuti che siano solo nostri.
Se non abbiamo energie… condividiamole.
Avevo anche iniziato a usare delle hashtag:
#wildinstagram #wildwriting #scrivereselvatico – ma se no scriviamoci nei fossi, nelle siepi, lungo le strade.
Così come viene.
Selvatiche.

4 commenti su “Scriviamo selvatico”

  1. Be wild. Breath the panic of the void.
    Break the rush for sit in your silence.
    Breath your emotions and let it ripen in art creation

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